Non l'avrei mai detto, ma il film di esordio della pop star da me poco amata Madonna, è stato davvero gradevole, anzi, oserei dire divertente e godibile.
Domenica 26 luglio si è chiusa la manifestazione cinematografica Roseto Opera Prima indetta dal noto critico cinematografico Tonino Valeri, con la premiazione del migliore debutto dell'anno, andato all'ex foto giornalista Marco Amenta con La siciliana ribella, film ispirato alla storia della diciassette Rita Atria, figlia di mafiosi, che ha avuto il coraggio di denunciare i delitti della propria famiglia al giudice Paolo Borsellino e rafforzare la propria libertà e fermezza col sacrificio del suicidio in seguito alla morte di Borsellino e alle possibili intimidazioni di ritrattazione a cui avrebbe potuto essere sottoposta essendo ormai rimasta sola.
Un film che spero di poter vedere il prima possibile dal momento che il problema della mafia afflige da tempo l'Italia stringendola in una morsa da cui sembra non esserci ancora via di scampo.
Il tono riflessivo della manifestazione è cambiato repentinamente appena avvenuta la premiazione ed introdotto l'esordio alla regia della pop star di origini abruzzesi.
Il film narra tre storie parallele ed ha le tinte e le modalità di ripresa di un moderno videoclip.
A. K, un musicista ucraino costretto a soddisfare le voglie sadomaso di clienti tanto perbene quanto repressi per poter mantenere in vita la sua band musicale; Juliette, una giovane farmacista che sogna di svolgere attività di volontariato in Africa pur non avendo il denaro a sufficienza per partire e infine Holly, ballerina classica che, sotto incitamente di A.K., si propone come lap dancer in un night club per procurarsi i soldi sufficienti a pagare l'affito. In sottofondo la triste esistenza di un docente universitario ormai cieco che, sopraffattutto dalla sua malattia, sembra aver perduto l'ispirazione con cui aveva dato vita a splendidi versi. Verrà salvato proprio da A.K. che utilizzerà una delle poesie del professore come testo per la sua musica, portando il brano al successo e riaccendendo nell'uomo il desiderio di comporre versi.
Leggero ma al contempo riflessivo "Sacro e profano", come rivela A.K. nelle battute iniziali del movie, sono soltanto le due facce di una stessa medaglia, perchè in fondo: "... è necessario scendere all'inferno prima di risalire e puntare al paradiso".
martedì 28 luglio 2009
L' Università "d'Annunzio" di Chieti, 13esima nella classifica nazionale!
La Repubblica di sabato 25 luglio riporta la classifica dell università italiane promosse e bocciate dal Ministero della Pubblica Istruzione, Maria Stella Gelmini.
Ebbene, con mio grande sorpresa ma allo stesso tempo con immensa gioia, vengo a sapere che l'università "G. d'Annunzio" di Chieti/Pescara si piazza tredicesima davanti a mostri sacri quali l'università di Padova, quella di Roma Torvergata, addirittura la nota università "La Sapienza" di Roma e l'Orientale di Napoli, bocciate.
L'accresciuto orgoglio che ne deriva da un' ex studentessa di un ateneo, non solo tra i promossi, ma anche con un ottimo posizionamento, è comprensibile. Questo non fa che accrescere la stima da me sempre dimostrata nei confronti dei piccoli atenei di provincia con un'organizzazione interna ineccepibile e docenti disponibili che hanno a cuore la preparazione dei propri studenti.
In tal modo, poi, si accresce anche la stima e la consapevolezza di possedere una preparazione adeguata per affrontare al meglio la carriera lavorativa che inizia, piano piano, a dipanarsi dinanzi ai miei occhi. Il timore di un futuro incerto che, vuoi la crisi economica degli ultimi tempi, vuoi la provenienza da una facoltà umanistica, vuoi la residenza in una piccola città di provincia del centro sud, permane appare, ora, più affievolito e la fiducia nelle possibilità di riuscita decisamente più rafforzata.
Prime in classifica il Politecnico di Milano, Torino, l'università Bocconi e, a sorpresa, l'università di Bergamo e Genova per l'ottima organizzazione interna e il personale docente.
Beh, che dire, Chieti non sarà tra le prime cinque, ma comunque un tredicesimo posto non è poi così da snobbare!
Ebbene, con mio grande sorpresa ma allo stesso tempo con immensa gioia, vengo a sapere che l'università "G. d'Annunzio" di Chieti/Pescara si piazza tredicesima davanti a mostri sacri quali l'università di Padova, quella di Roma Torvergata, addirittura la nota università "La Sapienza" di Roma e l'Orientale di Napoli, bocciate.
L'accresciuto orgoglio che ne deriva da un' ex studentessa di un ateneo, non solo tra i promossi, ma anche con un ottimo posizionamento, è comprensibile. Questo non fa che accrescere la stima da me sempre dimostrata nei confronti dei piccoli atenei di provincia con un'organizzazione interna ineccepibile e docenti disponibili che hanno a cuore la preparazione dei propri studenti.
In tal modo, poi, si accresce anche la stima e la consapevolezza di possedere una preparazione adeguata per affrontare al meglio la carriera lavorativa che inizia, piano piano, a dipanarsi dinanzi ai miei occhi. Il timore di un futuro incerto che, vuoi la crisi economica degli ultimi tempi, vuoi la provenienza da una facoltà umanistica, vuoi la residenza in una piccola città di provincia del centro sud, permane appare, ora, più affievolito e la fiducia nelle possibilità di riuscita decisamente più rafforzata.
Prime in classifica il Politecnico di Milano, Torino, l'università Bocconi e, a sorpresa, l'università di Bergamo e Genova per l'ottima organizzazione interna e il personale docente.
Beh, che dire, Chieti non sarà tra le prime cinque, ma comunque un tredicesimo posto non è poi così da snobbare!
venerdì 24 luglio 2009
Il pranzo di Ferragosto

In concorso, sempre per la rassegna cinematografica Roseto Opera Prima, stavolta è la volta del regista di origini abruzzesi (Penna Sant'Andrea, per la precisione, nel teramano) di Gianni Di Gregorio; residente a Roma (Trastevere) e proveniente dalla Scuola di Cinematografia della capitale, dopo aver effettuato per diversi anni l'attore e l'aiuto regista e aver ricevuto l'Oscar europeo per la sceneggiatura di Gomorra di Matteo Garrone, gira questo film dai toni autobiografici. Protagoniste quattro signore di 90 anni pescate nei centri anziani e mai avvezze al mondo dello spettacolo, che danno prova di un grande talento e una ferma volontà.
Gianni, cinquantenne scapolo ancora legato alla madre ormai anziana, per il periodo feriale di Ferragosto accetta di badare alla madre e alla zia del suo direttore condominiale che, a sua voltà, chiuderà un occhio sui debiti che affliggono la famiglia. Alle due donne però, il giorno seguente, si aggiunge anche la madre del suo medico. Per l'uomo sarà un'impresa ardua badare a quattro arzille vecchiette che non hanno alcuna voglia di sottostare alle regole imposte dal padrone di case. Infine Grazia, la madre di Gianni, inizialmente restia a stringere rapporti d'amicizia con le altre donne, una volta rotto il ghiaccio ed entrata in confidenza con le altre, deciderà di organizzare un pranzo in occasione del ferragosto in modo tale da trascorrere una giornata diversa da quella degli scorsi anni e, ultimate le vacanze dei rispettivi parenti delle donne, si imporrà col figlio perchè le signore si intrattengano per un altro piccolo periodo.
In modo ironico e divertito Di Gregorio affronta il problema della solitudine degli anziani, spesso abbandonati a se stessi senza che possano esprimere le loro potenzialità nè ricevere e dare il meritato affetto da parte dei parenti più stretti.
Il film ha ricevuto un notevole apprezzamento all'estero, soprattutto in Francia, dove è stato trasmesso per ben tre mesi a seguire nelle sale cinematografiche, forse proprio per quello spirito leggero che lo attraversa, da sempre caratteristica principale dei film d'oltralpe, o per quella tecnica un pò retrò che ha spinto il regista ad avvalersi di una cinepresa manuale. Il film è stato, poi, interamente girato nella casa di proprietà della madre di Gianni Di Gregorio, contribuendo ad accrescerne il realismo già reso evidente dall'improvvisazione a cui spesso si è dovuti far fronte durante le riprese.
Non a caso Di Gregoria ci ha tenuto a precisare: "Il copione a un certo punto è stato buttato e durante il film mi sono anche ubriacato (è sovente possibile vederlo con un bicchiere di vino in mano), alla fine erano loro, le protagoniste, che dirigevano non io!".
Chi l'ha detto che da vecchi si è smemorati e meno entusiasti che da bambini?
martedì 21 luglio 2009
Diverso da chi?

Continua la rassegna cinematografica Roseto Opera Prima e ieri sera è stata la volta del film di Umberto Carteni: Diverso da chi? con Luca Argentero, Claudia Gerini e Filippo Nigro.
Protagonista della vicenda è Piero, un trentacinquenne gay del nord est che decide di candidarsi in un partito di centro sinistra alle prossime elezioni politiche con la speranza di difendere i diritti degli omossessuali e cambiare i pregiudizi che attanagliano l'Italia. Sua concorrente è Adele, la "centrista di ferro", fermamente ancorata ai valori tradizionali della famiglia. Su convinzione di due colleghi, Piero sceglie di tentare la carriera di sindaco e lavorare fianco a fianco con Adele. Inizialmente i rapporti non sono dei migliori: come mettere d'accordo un omosessuale dichiarato, fermo sostenitore dell'amore libero con una bigotta tradizionalista il cui fulcro principale di vita ruota attorno ad un' idea di famiglia che sembra essere uscita dalla pubblicità della Barilla? Remo, compagno di Piero dotato di una particolare perspicacia nei riguardi dell'universo femminile, suggerisce al fidanzato alcune tattiche per ingraziarsi la donna che ben presto si confida all'avversario rivelandogli il proprio fallimento matrimoniale e l'impossibilità di diventare madre. Da quel momento in poi Piero inizia a corteggiare Adele, affinchè possa riacquistare fiducia in se stessa e togliere la corazza che la rende ostile verso il mondo esterno. Adele, a sua volta, inizia ad interessarsi alla storia di Piero e gli propone un cambiamento nel programma politico che insieme dovranno presentare: lui parlerà alla società di famiglia e lei diverrà sostenitrice della causa omosessuale. Il successo è garantito la strana coppia raggiungerà un'affinità tale che li indurrà ad una relazione clandistina. E' arrivato per Piero il momento di fare i conti con la propria identità? Finora era fermamente convinto della propria omosessualità, ma ora è attratto da una donna senza spiegarsene la ragione e, soprattutto non sa come parlarne al proprio fidanzato. Ben presto Piero inizia a mollare l'attività politica, incapace di continuare a farsi portavoce di una causa che, in fin dei conti, non sente più sua e la situazione va a rotoli. Il partito perde di credibilità rafforzando, invece, quello dell'avversario fino a quando il peso della colpa non lo spingerà a confessare l'accaduto a Remo.
Ma le sventure non vengono mai sole e Adele resta incinta. Sarà il momento di rendere partecipe dell'avvenimento la città stessa e decidere da che parte stare ...
Il film affronta con ironia e sguardo divertito un tema molto delicato e attuale al giorno d'oggi, che ha coinvolto appieno anche la politica, quello dell'omossessualità: scelta o malattia? Il ritratto che il regista dà dei politici, infine, non è dei migliori, ma originale è la modilità umoristica di cui si avvale per dipingere una classe dirigente corrotta e poco seriamente interessata alle problematiche dei cittadini. Un film leggero ma che fa riflettere su molti dei problemi sociali "irrisolti".
Luca Argentero dimostra di aver intrapreso seriamente gli studi di recitazione e dizione dando prova di un' ottima capacità interpretativa. Ogni tanto è possibile ricavare qualcosa di buono anche dal Grande Fratello!
sabato 18 luglio 2009
Pa - ra - da

Ieri sera ha avuto inizio la rassegna cinematografica rosetana: Roseto Opera Prima; in concorso 7 opere prime di registi emergenti, girate a cavallo tra il 2008 e il 2009.
Ad aprire la manifestazione è stato il film di Marco Pontecorvo: Pa-ra-da ispirato alla vera storia del clown Miloud.
Miloud è un giovane assistente sociale franco - algerino con la passione per l'arte circense, di cui vuole fare la propria professione. Terminati gli studi presso la scuola di arti circensi di Annie Fratellini, decide di trascorrere un breve periodo in Romania. Siamo nel 1992, tre anni dopo la caduta della dittatura Ceausescu; all'inizio Miloud si guarda attorno con lo sguardo incantato del giovane idealista pronto a gettarsi a capofitto in una nuova avventura, ma dovrà ricredersi quanto prima. La realtà che gli si pone dinanzi, infatti, è ben più cruda di quanto avesse immaginato: alla stazione di Bucarest una ragazzina di 12 gli propone una fellatio in cambio dei soldi necessari per procurarsi un sacchetto di colla. Verrà a scoprire poco dopo che la colla costituisce la droga di quei ragazzini abbandonati e che la prostituzione minorile in quella città è all'ordine del giorno. Miloud vuole conoscere quello speccato di mondo a lui sconosciuto, attivarsi per aiutare un gruppo di bambini a cui è stata rubata l'infanzia. Ci riuscirà insieme ad una coppia di assistenti sociali con cui condivide l'appartamento, coinvolgendo i giovani nella preparazione di uno spettacolo circense che li distoglierà a poco a poco dai sacchetti di colla di cui non possono più fare a meno.
Miloud parla di rispetto ai propri ragazzi, rispetto per se stessi prima che per gli altri perchè è da esso che occorre partire per apprezzare e capire la vita.
Si arma di coraggio, trascorre la notte nei tombini dove i bambini conducono una vita promiscua, dormono fianco a fianco nel puzzo della loro stessa urina, conoscono e praticano precocemente il sesso senza conoscere il significato della parola amore, rubano e rispondono ad ogni forma di provocazione o rimprovero con la violenza. Grazie al coinvolgimento che Miloud mostra per la loro condizione, al modo diretto con cui si rivolge loro rammaricandosi per la mancanza di coraggio che manifestano per la paura di cambiare, affrontandoli senza inibizioni e inducendoli ad un duro lavoro di preparazione per lo spettacolo, molti riescono a salvarsi e ad entrare a far parte della compagnia itinerante che prende il nome di Pa-ra-da, imparano ad amare e a poco a poco a cambiare le loro abitudini. Sarà soprattutto l'accusa di pedofilia mossa contro il clown da parte di 6 bambini a mettere alla prova la volontà dei ragazzi coinvolti nel progetto Parada. Miloud rischierà l'espulsione dalla Romania e il reimpatrio in Francia, ma i giovani, ormai pienamente travolti dall'energia del pagliaccio, si opporranno fermamente alle accuse e testimonieranno a favore di Miloud.
Il senso del film si dipana soprattutto nella scena finale: proprio come il piccolo Christophe troverà il coraggio di prendere il posto dell'amica Alina, vittima sacrificale di un sistema corrotto, vincere la paura e dar vita al "numero della piramide" rimanendo in equilibrio sulle spalle dei compagni; così i ragazzi riacquisteranno fiducia in loro stessi e troveranno la ragione che li indurrà a guardare oltre la realtà finora conosciuta.
Il gioco dell'angelo

Ho appena terminato la lettura de Il gioco dell'angelo di Carlos Ruiz Zafon, edito da Mondadori nel 2008, collana Oscar.
La vicenda, come nel precedente L'ombra del vento, ha luogo in una misteriosa Barcellona dei primi anni del Novecento, precisamente nel 1917 e per protagonista un aspirante scrittore impiegato nella redazione giornalista de "La Voz de la Industria" per la quale pubblica periodiacamente un romanzo a puntate dai toni gotici, intitolato I misteri di Barcellona. In brave tempo David Martìn (questo è il suo nome) inizia a sentire sulle sue spalle il fardello della notorietà che la rubrica gli procura e l'astio e l'invidia dei suoi collaboratori, fin quando il direttore della testata non decide di licenziarlo. Pedro Vidal, però, collega nonchè mentore del giovane scrittore, consapevole delle capacità dell'uomo, gli propone la stesura di un romanzo dalle stesse tinte per la casa editrice Escobillas & Barrido; nasce così I passi del cielo che, seppur composto sotto pseudonimo, lo consacra al successo.
Da allora, una serie di lettere a scadenza bisettimanale firmate da un misterioso ammiratore che risponde al nome di Andreas Corelli, tessendone le lodi lo invita ad un appuntamento. Si scoprirà che lo sconosciuto altro non è che un editore francese desideroso di commissionare a David la stesura di un testo religioso in grado di carpire la fede dell'uomo e rivoluzionare la società. L'ambizione di David e la rapidità con cui viene pagato senza il bisogno di scendere a compromessi, lo spinge ad accettare e a rompere il vincolo che lo legava alla casa editrice Escobillas & Barrido. Si rifugia in una tenuta in rovina nel cuore del capoluogo catalano ed inizia a scrivere. Da quel momento una serie di delitti immotivati miete vittime tra le persone a lui più care, suscitando i sospetti della polizia, per il quale diventa il primo indagato.
Anche la dimora in cui risiede inizia a manifestare la propria anima, riportando alla luce i resti del passato rimasti incustoditi ed i segreti ad esso connessi. E' così che David Martìn diventa consapevole di quanto la sua storia sia simile a quella del suo predecessore Diego Marlasca, anch'esso scrittore, e a porsi la domanda di chi sia e cosa davvero voglia quel bizzarro editore che continua a fissargli appuntamenti nel luoghi e nelle ore più insolite per la revisione del testo.
I punti di contatto con l'opera precedente sono molti: la libreria di Sempere e figli; il misantropo curatore di testi antichi, Barcelò; l'ambientazione catalana, torbida ed inquieta; il periodo storico; la storia d'amore tra il protagonista ed una donna che va in sposa ad un altro; la presenza del Cimitero dei Libri Dimenticati; la dimora intrisa di ricordi. Tutto sommato la storia procede con una scrittura scorrevole ed appassionante grazie al mix di gothic novel, spy story, noir e tratti di sense of humour che riesce a creare.
Carlos Ruiz Zafon è uno scrittore di raro talento, che ha avviato la sua carriera letteraria scrivendo libri per l'infanzia e ha saputo, poi, aprirsi a un pubblico adulto e variegato.
Ora è appena uscita la sua ultima fatica: Marina, il genere è lo stesso, segreti e mistero. Spero solo che la trama cambi e il protagonista non sia uno scrittore. Un talento simile non dovrebbe correre il rischio di ripetersi.
giovedì 16 luglio 2009
L'impoverimento intellettuale del sud ...
Il Sud Italia si va impoverendo intellettualmente ogni giorno di più.
La Repubblica, stamattina, pubblica un articolo su tale problema, "caso unico in Europa" a quanto asserito dal rapporto Svimez del 2009 sull'economia del Mezzogiorno, che stringe sempre più in una morsa il meridione del Bel Paese e aumenta il divario tra un Nord ricco e industrializzato e un sud povero e represso.
Secondo le statistiche sono ben 700.000 gli emigranti che abbandonano i propri luoghi d'origine per trasferirsi nel Centro Nord, non soltanto una volta conclusi gli studi universitari, ma sempre più spesso per effettuare gli stessi; infatti in numero maggiore risultano gli studenti che scelgono un ateneo settentrionale a quello meridionale e che decidono di permanere nella città universitaria una volta conseguita la laurea. Non solo, a scegliere di spostarsi sono soprattutto i cosiddetti "laureati eccellenti"; quanti hanno ottenuto il punteggio massimo; con cambio di residenza o pendolarismo a lungo raggio poco importa.
Ora la sottoscritta, essendo mediamente meridionale (dico mediamente perchè, per mia fortuna, non provengo dalle "zone rosse" della Puglia, della Campania e della Sicilia, bensì dall'Abruzzo), nutre particolare interesse per questo argomento: neolaureata con 110 e lode e in cerca di un impiego, sono qui a contendermi posizioni quali l'insegnamento, il giornalismo o l'editoria, settori affascinanti ma che, ad ogni modo, mi porterebbero ad emigrare al Nord. Premetto che un passo già l'ho fatto: mi sono messa in graduatoria ... a Grosseto. Avrei potuto farlo benissimo nella mia provincia, ma i sindacalisti di competenza a cui mi sono rivolta hanno subito bocciato la mia proposta, affermando che probabilmente non avrei mai lavorato soprattutto se non abilitata, quale sono. Ho optato per il Centro Nord, un buon compromesso a mio avviso che mi consente di non allontanarmi eccessivamente dalla mia terra e di avere più opportunità ... Come andrà a finire lo staremo a vedere.
Per quanto riguarda il settore editoriale, altro ramo affascinante verso cui nutro una naturale propensione, le strade sembrano condurre nel capoluogo lombardo. E' li che si concentrano le maggiori case editrici. I master e i corsi di specializzazione post laurea nel settore sono banditi da atenei quali quelli di Milano, Bologna, Genova, Torino.
Per intraprendere la carriere giornalista la musica non cambia. Le scuole di giornalismo sono diffuse soprattutto su territorio centro settentrionale, ma anche nelle Marche con l'Istituto Superiore per il Giornalismo di Urbino, e in Abruzzo, con il Master in Giornalismo. E dopo? A richiamare l'attenzione dei giovani che vogliono far carriera resta comunque il nord e molto meno la provincia di Teramo!
Epicentro della pubblicità e della comunicazione resta Milano, con le sue aziende di moda, le agenzie di marketing, fulcro degli affari e dell'economia.
Insomma, il Mezzogiorno sembra spopolarsi e persistere nel suo stato di arretratezza. Cambierà mai qualcosa?
La Repubblica, stamattina, pubblica un articolo su tale problema, "caso unico in Europa" a quanto asserito dal rapporto Svimez del 2009 sull'economia del Mezzogiorno, che stringe sempre più in una morsa il meridione del Bel Paese e aumenta il divario tra un Nord ricco e industrializzato e un sud povero e represso.
Secondo le statistiche sono ben 700.000 gli emigranti che abbandonano i propri luoghi d'origine per trasferirsi nel Centro Nord, non soltanto una volta conclusi gli studi universitari, ma sempre più spesso per effettuare gli stessi; infatti in numero maggiore risultano gli studenti che scelgono un ateneo settentrionale a quello meridionale e che decidono di permanere nella città universitaria una volta conseguita la laurea. Non solo, a scegliere di spostarsi sono soprattutto i cosiddetti "laureati eccellenti"; quanti hanno ottenuto il punteggio massimo; con cambio di residenza o pendolarismo a lungo raggio poco importa.
Ora la sottoscritta, essendo mediamente meridionale (dico mediamente perchè, per mia fortuna, non provengo dalle "zone rosse" della Puglia, della Campania e della Sicilia, bensì dall'Abruzzo), nutre particolare interesse per questo argomento: neolaureata con 110 e lode e in cerca di un impiego, sono qui a contendermi posizioni quali l'insegnamento, il giornalismo o l'editoria, settori affascinanti ma che, ad ogni modo, mi porterebbero ad emigrare al Nord. Premetto che un passo già l'ho fatto: mi sono messa in graduatoria ... a Grosseto. Avrei potuto farlo benissimo nella mia provincia, ma i sindacalisti di competenza a cui mi sono rivolta hanno subito bocciato la mia proposta, affermando che probabilmente non avrei mai lavorato soprattutto se non abilitata, quale sono. Ho optato per il Centro Nord, un buon compromesso a mio avviso che mi consente di non allontanarmi eccessivamente dalla mia terra e di avere più opportunità ... Come andrà a finire lo staremo a vedere.
Per quanto riguarda il settore editoriale, altro ramo affascinante verso cui nutro una naturale propensione, le strade sembrano condurre nel capoluogo lombardo. E' li che si concentrano le maggiori case editrici. I master e i corsi di specializzazione post laurea nel settore sono banditi da atenei quali quelli di Milano, Bologna, Genova, Torino.
Per intraprendere la carriere giornalista la musica non cambia. Le scuole di giornalismo sono diffuse soprattutto su territorio centro settentrionale, ma anche nelle Marche con l'Istituto Superiore per il Giornalismo di Urbino, e in Abruzzo, con il Master in Giornalismo. E dopo? A richiamare l'attenzione dei giovani che vogliono far carriera resta comunque il nord e molto meno la provincia di Teramo!
Epicentro della pubblicità e della comunicazione resta Milano, con le sue aziende di moda, le agenzie di marketing, fulcro degli affari e dell'economia.
Insomma, il Mezzogiorno sembra spopolarsi e persistere nel suo stato di arretratezza. Cambierà mai qualcosa?
martedì 14 luglio 2009
Scrivendo in inglese ...
Nel pomeriggio, mentre ero connessa ad una nota piattaforma per l'apprendimento della lingua inglese, sono rimasta spiazzata da un esercizio di scrittura (in lingua s'intende) in cui mi si chiedeva di effettuare un confronto tra la me stessa di 5 o 10 anni fa e la me stessa di oggi.
Sinceramente prima d'ora non mi ero mai fermata a riflettere su quanto potessi essere cambiata in questo lungo arco di tempo. Fondamentalmente penso di essere rimasta sempre la stessa, con i pregi ed i difetti che mi caratterizzano da sempre, così come le contraddizioni: l'eccessiva loquela in alcuni casi o, al contrario, la ragazza taciturna e timida di altri; il senso dell'umorismo e l'ironia così come la lunaticità; l'eccessiva impulsività che troppo spesso mi ha indotta ad aprir bocca quando non doveva per poi tenerla chiusa quando invece mi conveniva parlare o rispondere a tono, provocando negli altri incomprensioni difficili da sanare, brusche interruzioni di rapporti o travisamenti troppo complessi da ricondurre lungo il giusto binario. Mentre sto scrivendo mi rendo conto che, purtroppo, sono proprio i difetti e le cattive abitudini a morire con più difficoltà, laddove la sensibilità, il buon senso e la profondità che il più delle volte sono insite in noi nel dorato tempo dell'infanzia si dissolvono con una facilità impressionante quando si inizia a crescere e scontrarsi con la dura realtà.
Dieci anni fa la giovane donna che ora è davanti ad un pc a dar libera voce ai propri pensieri, altri non era che un' adolescente di 14 anni in procinto di iscriversi al ginnasio, emozionata e inconsapevole di ciò a cui stava andando incontro ma, al tempo stesso, desiderosa di lanciarsi in una nuova avventura scolastica, di stringere nuovi legami con compagni del tutto sconosciuti, di saggiare il sapore che quell'aula scolastica le avrebbe lasciato e di aspirare l'odore del greco che traeva per osmosi al solo tocco del libro, rilegato in spessa copertina trasparente affinchè non si rovinasse, considerata la sua goffaggine nel gestire gli oggetti.
Oggi non è poi così diverso. Ho i capelli più ricci, più lunghi, leggermente più chiari; sono un pò più alta (di poco), più magra ma anche più tonica, decisamente più femminile ma le sensazioni che provo nel dover al più presto affrontare il mio futuro lavorativo non sono cambiate.
La mia mente è un groviglio di pensieri, il mio animo un turbinio di emozioni contrastanti. Mi sono laureata il mese scorso e la gioia del momento ha lasciato ben presto spazio ad un profondo senso di inquietudine per il domani, ma anche al desiderio di tuffarmi in mare e iniziare a nuotare. Un mare che inizialmente può apparire più torbido che mai ma che, una volta presa confidenza con l'acqua e acquisita la fiducia e la grinta necessarie per combattere a viso aperto questa nuova fantastica sfida, lascerà scoprire di sè fondali meravigliosi, barriere coralline e pesci dai molteplici colori e dalle svariate forme. Allora che aspettare a tuffarsi? Aspettare di raccogliere il coraggio, di armarsi di carattere e decidere quale mare per te sia il migliore, se il Mar Adriatico, il Mar Tirreno, il Mar Ionio, il Mar Ligure; lasciarsi guidare dalla voce interiore che di noi tutto conosce e mai sbaglia, essere forti e sentirsi pronti per affrontare la vita perchè mentre 10 anni or sono, per quanto potessi essere spaventata, ero pur sempre una ragazzina priva di pensieri (tutt'al più avrebbe potuto preoccuparmi l'interrogazione del giorno seguente), protetta nel mondo ovattato che i miei familiari avevano costruito per me (e che mondo! Essendo figlia unica), felice di seguire il percorso che mi era stato tracciato (sebbene le mie scelte di oggi sono condizionate anche dalle scelte di ieri), oggi sono sola. Sola contro il mondo che è là fuori e aspetta famelico di sbranarmi o materno di accogliermi, sola con me stessa e con le mie mani per poter costruire il domani, un domani che sarà esclusivamente come lo dipingerò io e nessun altro. Un domani che dipenderà in tutto e per tutto dalla sottoscritta. Pertanto, nonostante molte cose siano rimaste uguali, molto è cambiato e molto altrà cambierà. Cosa sta a me scoprirlo, e aspetta solo di essere scritto.
Sinceramente prima d'ora non mi ero mai fermata a riflettere su quanto potessi essere cambiata in questo lungo arco di tempo. Fondamentalmente penso di essere rimasta sempre la stessa, con i pregi ed i difetti che mi caratterizzano da sempre, così come le contraddizioni: l'eccessiva loquela in alcuni casi o, al contrario, la ragazza taciturna e timida di altri; il senso dell'umorismo e l'ironia così come la lunaticità; l'eccessiva impulsività che troppo spesso mi ha indotta ad aprir bocca quando non doveva per poi tenerla chiusa quando invece mi conveniva parlare o rispondere a tono, provocando negli altri incomprensioni difficili da sanare, brusche interruzioni di rapporti o travisamenti troppo complessi da ricondurre lungo il giusto binario. Mentre sto scrivendo mi rendo conto che, purtroppo, sono proprio i difetti e le cattive abitudini a morire con più difficoltà, laddove la sensibilità, il buon senso e la profondità che il più delle volte sono insite in noi nel dorato tempo dell'infanzia si dissolvono con una facilità impressionante quando si inizia a crescere e scontrarsi con la dura realtà.
Dieci anni fa la giovane donna che ora è davanti ad un pc a dar libera voce ai propri pensieri, altri non era che un' adolescente di 14 anni in procinto di iscriversi al ginnasio, emozionata e inconsapevole di ciò a cui stava andando incontro ma, al tempo stesso, desiderosa di lanciarsi in una nuova avventura scolastica, di stringere nuovi legami con compagni del tutto sconosciuti, di saggiare il sapore che quell'aula scolastica le avrebbe lasciato e di aspirare l'odore del greco che traeva per osmosi al solo tocco del libro, rilegato in spessa copertina trasparente affinchè non si rovinasse, considerata la sua goffaggine nel gestire gli oggetti.
Oggi non è poi così diverso. Ho i capelli più ricci, più lunghi, leggermente più chiari; sono un pò più alta (di poco), più magra ma anche più tonica, decisamente più femminile ma le sensazioni che provo nel dover al più presto affrontare il mio futuro lavorativo non sono cambiate.
La mia mente è un groviglio di pensieri, il mio animo un turbinio di emozioni contrastanti. Mi sono laureata il mese scorso e la gioia del momento ha lasciato ben presto spazio ad un profondo senso di inquietudine per il domani, ma anche al desiderio di tuffarmi in mare e iniziare a nuotare. Un mare che inizialmente può apparire più torbido che mai ma che, una volta presa confidenza con l'acqua e acquisita la fiducia e la grinta necessarie per combattere a viso aperto questa nuova fantastica sfida, lascerà scoprire di sè fondali meravigliosi, barriere coralline e pesci dai molteplici colori e dalle svariate forme. Allora che aspettare a tuffarsi? Aspettare di raccogliere il coraggio, di armarsi di carattere e decidere quale mare per te sia il migliore, se il Mar Adriatico, il Mar Tirreno, il Mar Ionio, il Mar Ligure; lasciarsi guidare dalla voce interiore che di noi tutto conosce e mai sbaglia, essere forti e sentirsi pronti per affrontare la vita perchè mentre 10 anni or sono, per quanto potessi essere spaventata, ero pur sempre una ragazzina priva di pensieri (tutt'al più avrebbe potuto preoccuparmi l'interrogazione del giorno seguente), protetta nel mondo ovattato che i miei familiari avevano costruito per me (e che mondo! Essendo figlia unica), felice di seguire il percorso che mi era stato tracciato (sebbene le mie scelte di oggi sono condizionate anche dalle scelte di ieri), oggi sono sola. Sola contro il mondo che è là fuori e aspetta famelico di sbranarmi o materno di accogliermi, sola con me stessa e con le mie mani per poter costruire il domani, un domani che sarà esclusivamente come lo dipingerò io e nessun altro. Un domani che dipenderà in tutto e per tutto dalla sottoscritta. Pertanto, nonostante molte cose siano rimaste uguali, molto è cambiato e molto altrà cambierà. Cosa sta a me scoprirlo, e aspetta solo di essere scritto.
lunedì 13 luglio 2009
Vieni, entra e coglimi

Vieni, entra e coglimi, saggiami provami...
comprimimi discioglimi tormentami...
infiammami programmami rinnovami.
Accelera... rallenta... disorientami.
Cuocimi bollimi addentami... covami.
Poi fondimi e confondimi... spaventami...
nuocimi, perdimi e trovami, giovami.
Scovami... ardimi bruciami arroventami.
Stringimi e allentami, calami e aumentami.
Domani, sgominami poi sgomentami...
dissociami divorami... comprovami.
Legami annegami e infine annientami.
Addormentami e ancora entra... riprovami.
Incoronami. Eternami. Inargentami.
Patrizia Valduga.
comprimimi discioglimi tormentami...
infiammami programmami rinnovami.
Accelera... rallenta... disorientami.
Cuocimi bollimi addentami... covami.
Poi fondimi e confondimi... spaventami...
nuocimi, perdimi e trovami, giovami.
Scovami... ardimi bruciami arroventami.
Stringimi e allentami, calami e aumentami.
Domani, sgominami poi sgomentami...
dissociami divorami... comprovami.
Legami annegami e infine annientami.
Addormentami e ancora entra... riprovami.
Incoronami. Eternami. Inargentami.
Patrizia Valduga.
Amo la scrittura di questa affascinante poetessa veneta, così densa di passione, intrisa di un erotismo carnale che in poche altre scrittrici contemporanee è possibile ravvisare, talvolta violenta, brutale, perfino volgare, ma sempre metricamente perfetta e musicale.
Nei suoi versi pulsa l'ardore della battaglia, il vigore della rabbia che esplode, il risentimento per le brutture del mondo circostante, il languore molle della sensualità che si manifestava in un filo di voce sussurrata, come ben ha saputo fare l'attrice Patrizia Bossoni, interprete magistrale del brano.
La Patrizia Valduga donna si presenta come una misteriosa "Carmilla" uscita da un romanzo di Sheridan Le Fanu: i lunghi capelli corvini, leggermente ondulati, il volto pallido, gli occhi fortemente disegnati con un kajal nero, le sopracciglia quasi inesistenti tanto sono sottili, gli abiti scuri che ne assottigliano ancora di più il già esile corpo, il collo maestosamente lungo e affusolato come quello di un cigno e labbra a cuore che ti invitano ad un bacio di morte. Nascoste dai guanti scuri con cui spesso appare in foto, la mente immagina artigli da gatta pronti a graffiare contrastanti col volto angelico e l'aspetto vulnerabile, quasi fragile della donna. Questa osmosi di contrasti la rendono una dei personaggi più intriganti della letteratura, capace di inebriarci con le sue parole e incatenarci a sè come una Sirena d'Ulisse.
sabato 11 luglio 2009
Veline - università: qual è il legame ?
Resto sconvolta alla lettura di un articolo pubblicato su Repubblica il 10 luglio 2009: le sedi distaccate della principale università di Bologna (una delle più antiche e di consolidata tradizione) Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini, hanno realizzato e diffuso un cartellone pubblicitario in cui sono, a far sfoggio di sè, quattro splendide ragazze in abiti succinti (abiti ?), tacchi alti e make up da star nel tentativo di richiamare l'attenzione di probabili studenti e studentesse (o solo studentesse ?) futuri! Forse la "Papi Mania" sta dilagando? Chissà, un domani probabilmente vedremo nascere una facoltà che preparerà noi donne ad intraprendere la carriera di veline e starlette televisive, con qualche possibilità di accesso al mondo della politica, giacchè sembrerebbe essere molto più facile emergere in mansioni di responsabilità quali la guida del paese se, precedentemente, si sono mossi i primi passi nel mondo dello spettacolo e dei lustrini. Chissà, forse avere dinanzi una telecamera con lo spioncino rosso acceso e un perizoma e un reggiseno che copre vagamente le grazie femminili permette facilmente di superare la timidezza e acquisire quella dose di grinta e aggressività necessarie a persuadere il popolo e richiamarne le attenzioni e la fiducia, mentre l'università sembra promettere l'acquisizione di un'abilità retorica assai poco sviluppata da balletti e ancheggiamenti su cui ha avuto la meglio la diretta televisiva.
Il rettore dell'università di Bologna ha, naturalmente, espresso tutto il suo rammarico per una pubblicità fuorviante e fuori luogo, ma le sedi hanno tenuto a precisare che se gli scandali politici legati all'immagine del premier e della giovane Noemi Letizia non fossero mai accaduti, sicuramente la polemica non sarebbe nata.
Sorge spontanea una domanda: se tali scandali non fossero accaduti, la stessa pubblicità sarebbe stata realizzata ? Ai posteri l'ardua sentenza.
Il rettore dell'università di Bologna ha, naturalmente, espresso tutto il suo rammarico per una pubblicità fuorviante e fuori luogo, ma le sedi hanno tenuto a precisare che se gli scandali politici legati all'immagine del premier e della giovane Noemi Letizia non fossero mai accaduti, sicuramente la polemica non sarebbe nata.
Sorge spontanea una domanda: se tali scandali non fossero accaduti, la stessa pubblicità sarebbe stata realizzata ? Ai posteri l'ardua sentenza.
Impariamo da Madame Obama!
La Repubblica, venerdì 10 luglio 2009.
Su fondo pagina di un articolo dedicato al G8 in Abruzzo e alle lacrime di commozione delle first ladies dinanzi ai resti, ancora pericolanti, de L'Aquila spicca un piccolo articolo riguardante la signora delle signore: Michelle Obama che, al termine di una cena privata in un ristorante con madre e figlie, si reca in cucina perchè le venga preparato un "doggy bag" ovvero un sacchetto di avanzi da portare via con sè! In Italia un gesto simile verrebbe ritenuto inopportuno, inelegante, poco signorile, se non "cafone", addirittura si parlerebbe di un gesto da "morti di fame"! Ma, come tiene a precisare lo stesso Carlo Petrini, cronista del quotidiano, non sarebbe poi così sbagliato se questa abitudine fosse introdotta al più presto possibile anche nel Bel Paese, dove le tonnellate di cibo non avariato gettate automaticamente nel cestino una volta conclusi i nostri pasti quotidiani, sono 4.000 (poco più di niente a confronto con le 22.000 americane) pertanto, piuttosto che preoccuparci della forma, faremo meglio a preoccuparci dei contenuti e a compiere un gesto civile e, è il caso di dirlo, davvero signorile, seguendo l'esempio della first lady americana.
Su fondo pagina di un articolo dedicato al G8 in Abruzzo e alle lacrime di commozione delle first ladies dinanzi ai resti, ancora pericolanti, de L'Aquila spicca un piccolo articolo riguardante la signora delle signore: Michelle Obama che, al termine di una cena privata in un ristorante con madre e figlie, si reca in cucina perchè le venga preparato un "doggy bag" ovvero un sacchetto di avanzi da portare via con sè! In Italia un gesto simile verrebbe ritenuto inopportuno, inelegante, poco signorile, se non "cafone", addirittura si parlerebbe di un gesto da "morti di fame"! Ma, come tiene a precisare lo stesso Carlo Petrini, cronista del quotidiano, non sarebbe poi così sbagliato se questa abitudine fosse introdotta al più presto possibile anche nel Bel Paese, dove le tonnellate di cibo non avariato gettate automaticamente nel cestino una volta conclusi i nostri pasti quotidiani, sono 4.000 (poco più di niente a confronto con le 22.000 americane) pertanto, piuttosto che preoccuparci della forma, faremo meglio a preoccuparci dei contenuti e a compiere un gesto civile e, è il caso di dirlo, davvero signorile, seguendo l'esempio della first lady americana.
Lentamente muore ...

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce. Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
(P. Neruda)
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
(P. Neruda)
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