venerdì 28 agosto 2009

Venuto al mondo

Ho appena terminato la lettura delle ultime pagine di questo toccante romanzo firmato Margareth Mazzantini, e sulla lingua e sulle labbra ristagna l'amaro sapore della triste storia di una giovane coppia impossibilitata dall'avere figli e del lungo e doloroso viaggio della speranza che li condurrà in Bosnia.
Gemma è una giovane dottoranda in letteratura serbo croata, quando per la prima volta si reca a Sarajevo in cerca del materiale necessario per concludere la sua tesi sul poeta Andrevic e si imbatte in Gojko, il poeta ribelle dai capelli rossicci, l' alito costantemente intriso di alcool e i suoi yo yo che metteva in vendita per racimolare qualche moneta, nonchè guida turistica su cui la giovane donna dovrà far affidamento. Gojko tra un verso e qualche rima e tra la sua attività di venditore le permetterà di scoprire la bellezza nascosta di una terra dilaniata dalla povertà e destinata ad essere devastata dalla guerra ma soprattutto, tra la provocazione propria dei caratteri introversi e un pò cinici e il tentativo vano di un corteggiamento fallimentare, le permetterà di incontrare Diego, questo ragazzo scapestrato, di appena 24 anni, che si barcamena tra le strade bosniache con la sua Leica a fotografare pozzanghere. Diego, genovese, ' il ragazzo dei carruggi ' , così sensibile, così infantile da nascondere le sue paure in un passato di tossicodipendenza che prontamente riemergerà e così perdutamente innamorato da trasferirsi a Roma, conquistare i familiari di Gemma, sposarla e avviare la sua attività di docente presso l'Accademia di Fotografia. Proprio allora, quando la coppia sembrerà aver raggiunto l' equilibrio perfetto per poter lasciare lo spazio naturale ad una nuova vita, il dramma si abbatterà su di essa.
Vani saranno i tentativi della scienza a cui si appelleranno disperati, ancor più vana la pratica di adozione, unico rimedio rimane l'amico poeta, Gojko e la terra bosniaca dove le pratiche burocratiche non imperversano tiranniche sulle vite umane come nel vicino occidente.
E lì che avverrà dopo tanto l' incontro fatale; quello con Aska, la ragazzina punk disposta a concedere il proprio corpo ed il proprio ventre per donare un figlio alla coppia in cambio dei soldi necessari ad iscriverla all'Accademia di Musica in cui da anni sogna di andare. Uno scambio atroce per Gemma, tanto disperata da concedere che il marito trascorra una notte d'amore con la donna, pur di soddisfare il suo desiderio di essere madre. Una notte che si rivelerà più tragica del previsto. Gemma saprà soltanto al suo ritorno in Bosnia, anni dopo, quando Pietro, il figlio di Diego ed Aska, sarà ormai grande, la verità su quanto accadde quella volta e sarà la stessa Aska, ormai divenuta moglie di Gojko e madre di una seconda figlia, a rivelargliela.
Verrà così a conoscenza della violenza di cui la donna è stata vittima da parte dei soldati nemici mentre Diego, impotente, la osservava, nascosto, dalla fessura di una porta; dell' impossibilità per l' uomo di separarsi dalla donna una volta trascorso l' accaduto, vittima dei sensi di colpa che da allora lo attanagliavano; della necessità di far in modo che Gemma credesse che il figlio nel grembo di Aska fosse il suo e le concedesse di portarlo con sè in Italia e raggiungerla successivamente in cambio dei soldi che avrebbero permesso ad Aska di frequentare la scuola di musica; dell' incapacità di far ritorno in patria e del bisogno urgente di rappresentare l' atrocità della guerra mediante la macchina fotografa e nonostante tutto non riuscire a superare il dolore, la violenza che quotidianamente lo consumavano nell' animo tutte le volte che incontrava lo sguardo spento di Aska, che vedeva crescere quel ventre, frutto del male, che assaporava il gusto spietato della morte nel sangue che scorreva tra i detriti e nell'odore della polvere che respirava tanto da re - indurlo a ricercare la cosa bella, il dolce tepore dell' eroina che durante la giovinezza lo tutelavano mentre il padre picchiava la madre. Sarà l' eroina, l' illusione di poter attraversare in volo il mare che lo separa da casa a spingerlo verso quel precipizio di metri in cui avrà fine la sua vita.
E' la storia di come una guerra possa cancellare tutte le illusorie certezze a cui siamo abituati, di come la vita possa rinascere dalla morte ed il bene dal male, di quanta dignità si nasconda dietro una città, un paese, dilaniato, violato, stuprato e di come l' affetto di una madre prescinda dalle modalità consuete con cui si può venire al mondo. Ci sono tanti modi per venire al mondo, uno di questi, forse il più autentico, il più forte è dato dalla capacità di risorgere, di cade e rialzarsi, di accettare la perdita a cui l' uomo sembra essere inevitabilmente destinato.
Il libro della Mazzantini è la storia di due donne, così vicine, così lontane. Disperate al punto di affrontare il più difficile dei compromessi, ma forti di una fame d'amore la cui dignità non viene scalfita neppure dalla più terribile fine.

giovedì 27 agosto 2009

Contemporaneità e tradizione si fondono a Castelbasso.

A Castelbasso, incantevole borgo del teramano, anche quest' anno si è tenuta la manifestazione culturale che ogni estate attira migliaia di turisti nella piccola località collinare.
Purtroppo, contrariamente agli anni passati, gran parte degli eventi costituenti il progetto sono stati cancellati a causa del taglio dei fondi che quest' anno ha dilaniato la penisola. Pertanto il tutto è stato limitato alla mostra pittorica e alla realizzazione di installazioni da parte di artisti nazionali ed internazionali, privando il borgo delle rappresentazioni teatrali, delle serate concertistiche e di quelle letterarie a cui eravamo abituati.
Tra gli artisti, l'italiano Alberto Burri, la cui esposizione prende il titolo di Equilibrio, struttura, ritmo e luce; una mostra giocata prevalentemente sui colori neutri della terra (bianco, beige, marrone, nero con qualche accenno di rosso) sulle forme e sul riutilizzo di materiali quotidiani (legno, tele in vista, iuta, plastica) caricati di significato simbolico e storico (basti pensare al recupero di logori sacchi di iuta appartenuti al periodo del secondo conflitto mondiale) e le installazione di artisti emergenti provenienti, perlopiù, dall'est europeo. Installazioni protese a rappresentare problematiche sociali spesso affrontate superficialmente dagli specialisti dell'informazioni o comunque soggette ad un'attenzione relativa da parte del cittadino direttamente coinvolto nelle brutture sociali del quotidiano, anche se il più delle volte, inconsapevole. Ecco allora che lo spettatore viene catapultato in una sala in ombra dove due schermi cinematografici mostrano un cubo di ghiaccio nel cuore di una discarica albanese ammirato e carezzato da bambini rom, simbolo di corruzione e potere, dell'illusione verso cui l'uomo ripone le sue speranze e la sua fiducia per poi uscirne ancora più tramortito di prima.
E gli occhi che ti osservano sporgendosi da cave rocciose, mentre un lungo brivido d'inquietudine ti attraversa la schiena.
O la ricreazione di un interno abitativo devastato da rumori assordanti, a simboleggiare quanto l'ambiente familiare, il più delle volte, non è così rassicurante come siamo soliti pensare. O l'opera di un' artista turco raffigurante i personaggi di un Start Trek in abiti tipicamente orientali, a sottolineare il divario tra Oriente e Occidente difficilmente colmabile, nonostante i tentativi del governo.
Fuori il paese, immerso nel silenzio della natura circostante, coi suoi vicoli, i fiori e le piante che sporgono dai balconi, il bar della piazza dove si incontrano per scambiare due chiacchiere e giocare una partita a carte gli anziani abitanti del luogo, e l'eco dei passi che riecheggiano sui san pietrini, sospeso in un tempo che sembra non essere mai trascorso. Un luogo dove contemporaneità, storia e tradizione si prendono per mano a tracciare insieme un percorso che ogni estate, abitualmente, si rinnova.

domenica 23 agosto 2009

Malinconia di fine estate ...

E' una sera di fine estate questa domenica del 23 agosto 2009 e già nell'aria riecheggia l'atmosfera autunnale che lentamente si appresta ad avanzare, scansando il torrido agosto che volge al termine.
La luce si è fatta più bassa, soffuso il chiarore del crepuscolo, che ha anticipato il suo ingresso di almeno un paio d'ore rispetto al mese precedente e il calore, a sua volta, ha mitigato l'umidità di cui l'aria si era caricata nel periodo immediatamente antecedente il ferragosto.
Per godere in modo totale degli ultimi giorni vacanzieri, ho trascorso una piacevole mattinata nel piccolo borgo di Cermignano, nel teramano, paese natale della mia amata nonna paterna, circondato da alte colline e boschi dai quali fa capolino qualche piccolo casolare diroccato. A pranzo, un piacevole pasto di prodotti locali, un buon bicchiere di vino rosso in un agriturismo del luogo e la consapevolezza che domani gran parte della popolazione sarà riassorbita dal tran tran quotidiano, nel costantare che i tavoli affianco erano tutti occupati da locali.
Non mi dispiace questa lentezza che sembra riemergere dopo una stagione di bagni in mare, creme solari, discoteche, locali che rimbombano di ritmi caraibici e una folla che si dipana sul lungomare impedendoti di camminare agevolmente e caricandoti di un senso claustrofobico mai appartenutoti.
E poi quell'esibizionismo di cui un pò tutti, volenti o meno, consapevoli o non, ci rivestiamo incuranti di valori quali l'amore, la famiglia, l'amicizia, accantonati in favore del divertimento, del flirt da spiaggia verso i quali ci sentiamo più avvezzi. Preferisco l'appassire dei girasoli, che con nostalgia ci rimandano alla precarietà dell'esistenza e ci sensibilizzano all'altro, rammentandoci la fragilità umana, o la spiaggia deserta al tramonto, con la marea che si abbassa e la sabbia che si raffredda, gli ombrelloni chiusi e qualche passante solitario col suo cane che se ne va pensoso e la sera, quando ci si ritrova a casa dinanzi a un piatto fumante di minestra parlando del più o del meno della giornata ...
Sì, in fondo non mi dispiace che l'estate sia finendo.

venerdì 14 agosto 2009

Sulle note di Moon River ...

Ieri sera mi sono persa in una favola moderna che lascia sognare ad occhi aperti: Colazione da Tiffany, il film tratto dall'omonimo romanzo di Truman Capote, con una meravigliosa Audrey Hepburn e uno splendido George Peppard.
Leggero, romantico, spensierato dall'inizio alla fine, mi sono identificata nella vita entusiasmante di Holly, con i suoi abiti eleganti, lo spiccato senso dell'umorismo, la frivolezza che la contraddistingue e nasconde un animo dolce e sensibile, l'attrazione per la vita mondana e la libertà, quella voglia incontenibile di non appartenere a nessuno, vivere randagi lungo le strade di New York, in un appartamento spoglio in cui il telefono viene custodito all'interno di una valigia, avere per compagno un gatto senza nome perchè imbattutosi per caso lungo il proprio percorso e altrettanto casualmente rimasto, senza la necessità di instaurare un vincolo, un legame.
Holly, che con la sua chitarra accenna un motivo entrato nella storia del cinema: Moon River, un jeans e un paio di ballerine ai piedi, un asciugamento arrotolato sulla testa e lo sguardo perso in vaghi pensieri; dall'alto la osserva Paul, lo scrittore squattrinato del piano superiore, lo sguardo profondo che sembra spogliarla di tutte le convenzioni e le maschere che la giovane ragazza indossa, per metterle a nudo quell'anima affamata d'amore, nascosta dietro i preziosi gioielli di Tiffany davanti ai quali si ferma ogni mattina incantata. Poi gli sguardi pian piano si incontrano per scrutarsi diversamente, come se si vedessero per la prima volta ...
Fino alla scena finale, quando Holly, decisa a convolare a nozze con un ricco presidente brasiliano per cui non prova alcun sentimento, in un impeto di rabbia in seguito al ripensamento di quest' ultimo, abbandona per la strada il suo amato gatto rosso sotto una pioggia torrenziale. Infastidito dal gesto e dall'orgoglio di quella ragazza cinica e capricciosa, prigioniera di una maschera costantemente calata sul volto, Paul prima la umilia spiattellandole dinanzi la verità e poi scende dal taxi alla ricerca del gatto ... Commovente il gesto di Holly che si getta per strada, grondante di pioggia e di lacrime, alla ricerca del suo amato micio rosso, ormai consapevole del grave errore che stava commettendo per poi lasciarsi andare, finalmente, tra le braccia dell'uomo che sempre ha amato mentre in sottofondo si levano le dolci note di Moon River ...

mercoledì 5 agosto 2009

Questi francesi ...

Stamattina, mentre facevo colazione e saltavo da un canale televisivo all'altro col telecomando, mi sono imbattuta in un cartoon di Rai Due, di cui non conosco il titolo (era iniziato da un pò). Uno di quei cartoon romantici, ambientati nella Francia giacobina, la cui protagonista è spesso una trovatella padrona di un segreto a lei stessa sconosciuto e ricercata da un gruppo di criminali desiderosi di estorcerglielo con la violenza.
Quasi senza che me ne rendessi conto, la storia ha iniziato a coinvolgermi e mi sono ritrovata a lottare, a commuovermi, a gioire per le vicende della piccola protagonista. La location e la qualità dei disegni hanno fatto il resto. Con mio stupore ho appreso dai titoli di coda che la sceneggiatura del cartoon era francese. Non so se questa sia stata ispirata da qualche romanzo o sia nata dalla mente di uno sceneggiature contemporaneo, ma devo riconoscere che la Francia ha avuto modo di distinguersi in molte espressioni artistiche, talvolta anche inconsuete come, appunto, nel caso riportato.
Da tempo avevo scoperto e ammirato le capacità che i francesi hanno dimostrato in campo cinematografico, non solo da un punto di vista prettamente "narrativo" e "sinottico" ma anche da un punto di vista estetico, dando vita a produzioni davvero lodevoli. Ora, addirittura, scopro che le capacità d'oltralpe iniziano a manifestarsi anche nell'animazione e questo rende ancor più apprezzabile ai miei occhi la dote creativa che li contraddistingue.
Naturalmente non va sottovalutata la creatività italiana, anch' essa da un pò di tempo a questa parte impiegata nell'industria dell'animazione; basti pensare al successo di un cartoon quale Winks nato da un idea dello sceneggiatore marchigiano Iginio Straffi nonchè fondatore della casa d'animazione, ormai internazionalmente nota, Raibow seconda, a quanto dicono voci di corridoio, solo alla sua antecedente americana Walt Disney.
Insomma, mentre l'animazione europea si gode il suo meritato successo, un tempo esclusiva di americani e giapponesi, io credo proprio che il mio appuntamento col cartoon francese di Rai Due si confermerà nei giorni a seguire. A volte sognare con i bambini chissà che non faccia bene anche a noi grandi.

Quel mito di Woody Allen

Ieri, in una piovosa giornata d'agosto, mi sono dedicata alla visione di uno dei noti film di Woody Allen: Anything else con Jason Biggs, Danny De Vito, Christina Ricci e naturalmente lui, la star indiscussa dell'umorismo americano, Woody.
Era una di quelle giornate noiose, in cui non hai nulla da fare se non ciò che non vorresti assolutamente (le faccende domestiche) e qualsiasi scusa è buona per rimandare; così ho infilato il dvd nel lettore e ho pigiato play.
La storia si riassume all'incirca in questo modo: il protagonista, Jerry Falk, è uno scrittore in erba newyorkese che nel frattempo lavora come copywriter nell'agenzia pubblicitaria di Danny De Vito (ora, sinceramente, non ricordo il nome del personaggio ma poco importa) dove incontrerà David Dobel, commediografo a sua volta impiegato come collaboratore a progetto nella medesima agenzia. Tra i due nasce un reciproco feeling che li spinge ad aprirsi sempre più a fondo l'un l'altro, tanto che Jerry rivelerà a David i problemi che attanagliano la sua vita di coppia con la fidanzata Amanda (e qui entra in scena una Christina Ricci più acida e malefica della Mercoledì di cui era interprete alcuni anni addietro nella famiglia Addams), aspirante attrice teatrale tanto affascinante quanto complicata, perennemente in lotta con i chili di troppo, dipendente da antidepressivi e perdipiù fedifraga, ma dannatamente sexy.
Il loro rapporto comincia ad incrinarsi proprio quando David, prodigo di consigli al giovane esordiente, comincia a mettergli la pulce nell'orecchio nei riguardi della giovane e lo sprona a cambiare vita: lasciare il lavoro che odia e non gli permette di sfondare come scrittore, trasferirsi in California, abbandonare l'analista a cui parla dei suoi problemi di cuore senza che questi lo induca ad agire e mettersi a scrivere.
Devo essere sincera: ho apprezzato il coraggio di David, la sua ferma volontà nel rimanere se stesso in ogni situazione della vita, nel dichiarare senza timori le proprie debolezze e farne, nonostante tutto, un punto a suo favore; la sua generosità nell'ascoltare le confessioni del giovane spiantato destinato a continui fallimenti, provocarlo con la giusta ironia e portarlo sulla strada dell'autonomia e della determinazione per poi lasciarlo solo al momento opportuno in cui il giovane deve iniziare a costruire il suo futuro. Quanti vorremmo trovare una amico come Woody Allen? Che ti apra gli occhi davanti a ciò che insistentemente vogliamo non vedere ma sappiamo esiste? Ciò che è maledettamente così? Come non vorremmo che fosse? Credo tutti!
E poi lei, Amanda, apparentemente insignificante, ma dotata di spiccata comunicativa e sguardi lanciati alla giusta occasione per adescare la possibile preda, sistematicamente già impegnata ma che non esita a mollare la fidanzata (chissà perchè sempre così bella e poco complicata) per la problematica di turno che ti renderà la vita impossibile fintanto che una nuova vittima non finisca tra le sue grinfie.
Quante volte siamo state le fidanzate (e mi inserisco nel coro) e abbiamo dovuto confrontarci con pericolose Amande? Direi sempre.
Anche stavolta Woody Allen ci mostra uno spaccato di vita in cui ritrovarci, osservarci e ridere di noi stessi, spesso inconsapevoli che ciò che abbiamo dinanzi agli occhi su quello schermo ci è così inspiegabilmente vicino.
Se solo avessimo la fortuna di trovare un amico come Woody!